giovedì 11 giugno 2015

Don Uva Sodoma e Gomorra/ “L’Otello” Rizzi e la bella Adriana tra sesso sadomaso e gelosie. Indagato Lello Di Gioia


donuva rizzivasiljevicdigioia
Sesso, spy story, malavita ed un fiume enorme di soldi pubblici. Sullo sfondo, un ente sanitario strategico oberato da 500 milioni di euro di debiti, che ha dovuto licenziare più di 1000 dipendenti per "rientrare" dalla cattiva gestione manageriale. "Nebulose" di interessi, tra consulenze d'oro, raggiri e connessioni con Stati esteri. Nella lunghissima ordinanza degli inquirenti (quasi 600 pagine) emergono spaccati inquietanti, con "protetti" e "dannati" in un sistema perverso volto ad isolare chi è fuori dai giochi. Così, Adriana Vasiljevic, avvenente ragazza dell'Est, fa la scalata con un sogno nel cassetto: arrivare all'allora premier Silvio Berlusconi. Uno dopo l'altro, arrivano ben 3 contratti con l'ente delle Ancelle, che - senza alcuna competenza - le fruttano più di 80mila euro. Dall'ufficio stampa del Don Uva (non è mai stata iscritta all'Albo professionale), fino alle consulenze per le società dell'imprenditore Vincenzo Nuzziello, fratello dell'ex consigliere regionale Anna (vicinissima a Nichi Vendola), finito agli arresti per alcune forniture all'Asl di Foggia.

La donna del capo (geloso) non si tocca

Mentre l'ente sprofonda nei debiti, e tocca scegliere i licenziati (ovviamente tra coloro che non sono graditi), le preoccupazioni sono per lo più sentimentali. Tra una telefonata e l'altra, si nota tutto il nervosismo del direttore generaleDario Rizzi per le "strane assenze" della sua amante, "mai in ufficio alle 9". Si chiamano "amo'", prima di accusarsi a vicenda sugli "scambi" più o meno leciti tra rapporti professionali e sessuali. Lei è fidanzata, lui sposato. E l'incrocio di ricatti e offese è continuo. Si parla del passato e del futuro: "Tu conosci solo il mio passato da puttana!", dice la ragazza, ma il dg la riporta al presente: "L'unico, l'unico futuro che è sicuro, che... dove c'è na serietà, penso che sia questo". Il riferimento è al contratto piazzato all'Ente, nonostante i vincoli all'assunzione di questo tipo di figure: "Io con te non voglio litigare - dice Vasiljevic a Rizzi -, è l'ultima cosa che voglio al mondo. Quindi quando hai da dirmi una cosa dimmela in modo civile ed educato. Non mi parlare come se fossi la tua figlia che ha sbagliato perché non lo sono. Sono la donna che sta con te... Sono ormai due anni e mezzo Dario che con te condivido tutto (piange)".  Il direttore-amante cede, ma a patto di arrivare in ufficio all'orario prestabilito ("Basta che ti fai vedere un poco in ufficio alle 9"). Cosa che accade raramente, per i continui impegni della ragazza: dall'estetista al centro massaggi, fino al parrucchiere. Le voci corrono, ma Rizzi è sempre pronto a mettere una pezza su ogni guaio. Il motivo è presto detto.

Foto piccanti e fondi neri: l'eterno ricatto 

"Se mi togli il lavoro faccio vedere le foto a tua moglie e a tua figlia". Non poteva essere così esplicita. Al punto che Rizzi, esasperato dopo aver chiesto ripetutamente le foto ed i video, ingaggia una società foggiana di investigazioni per farla seguire - nel 2012 - durante una vacanza in Montenegro, a Budva. Qui la scopre in atteggiamenti intimi con un'altra persona. E scoppia l'ira, con le minacce del licenziamento e della perdita del benefit ("sei l'unica ad avere il doppio telefono all'ospedale") dell'uso del cellulare intestato alla Casa Divina Ancelle della Provvidenza, e quindi pagato con soldi pubblici. Qui la giovane avvisa Rizzi che potrebbe rivelare da un momento all'altro Alla fine, quasi per una sorta di "guerra fredda" dei nervi la situazione rimane invariata, senza che nessuno dei due faccia il passo decisivo per fare uscire lo scandalo allo scoperto. Ma nel mezzo c'è il lascivo accordo sessuale. 

"In verità avevo pensato al tuo sedere..."

I ripetuti inviti alla normalizzazione del "lavoro" ("Fai sempre le 8 del mattino, poi è normale che dormi in ufficio"; "Si vabbè stai sempre a farti la piega"), cadono nel vuoto. La corda ad un certo punto si spezza. 
Vasiljevic: "Dopo tre mesi ci rivediamo e se entrambi pensiamo di amarci ci rimettiamo insieme"
Rizzi: "Va bene, con tutte le... però se togli tutte le cose (foto e video, NdR) in mezzo..."
V: "Allora tu togli tutte le cose di mezzo"
R.: "resta, restano due mesi forse"
V.: "Allora tu togli le cose di mezzo, non hai manco un anno di matrimonio, come la mettiamo?"
R.: "Tutti, tutti i giorni che non ci... che... che non ci siamo visti so' corna. Quindi ad un certo punto..."
V.: "Dimmi quale deve essere la mia pena. L'accetto. Dimmi tutto quello che devo fare ma..."
R.: "In verità..."
V.: "... Basta che non incominci"
R.: "In verità avevo pensato al tuo sedere per tre mesi"
V.: "Eh! A sì?"
R.: "Sì"
V.: "Sei proprio stronzo, eh!"
R.: "Ahò! Se ti conviene"
V.: "Sotto una condizione"
R.: "Cioè?"
V.: "Che si usa il lubrificante"
R.: "Va bene"
V.: "E altrimenti fa male veramente"
R.: "Per forza"
V.: "Eh!"
R.: "Forse in quel modo, forse mi riprendo, ma è difficile"
V.: "Va bene, se questa è la pena. E sai quanto, quanto non mi piace, quanto mi fa male, l'accetto. E quindi accetto questa pena, accetto il culo, accetto tutto"

L’aiutino alla figlia dell’onorevole Lello Di Gioia

Lo scandalo travolge anche l’onorevole di San Marco La Catola, Lello Di Gioia (Psi), presidente della Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Di Gioia, finito già nell’inchiesta sulla banda del caveau, è tra i protagonisti dell’ordinanza sul Don Uva per le pressioni che attuava verso il direttore della sede foggiana, Dario Rizzi. Nella Congregazione, che dal 2007 al 2011 ha assunto 298 persone per favorire soggetti vicini all’ente, figurava anche la figlia Silvia, inquadrata come coordinatore amministrativo nella sede di Foggia. La Di Gioia, sotto contratto dall’1 gennaio 2008, a far data dalla sua assunzione ha percepito 119.872,22 euro lordi (di cui netti 84.504,80), in circa 5 anni. 
Si è accertato che la sua assunzione non costituì l’unico atto dissipativo posto in essere dal management poiché, ai medesimi fini, la dipendente venne favorita anche nella cessazione del suo rapporto di lavoro. La Congregazione, grazie alle pressioni di Di Gioia sull’amico Rizzi, riconobbe alla dipendente dimissionaria un incentivo all’esodo volontario di 7.500 euro. Questo, dopo un accordo tra Rizzi e Di Gioia finalizzato a garantire alla figlia del parlamentare, un riconoscimento economico per le sue dimissioni connesse alla volontà di trasferirsi a Londra.
Rizzi comunicò al politico di aver incarico l’avvocato Antonio Battiante di predisporre una nota il cui contenuto lo mettesse al riparo dagli imbarazzi derivanti dal riconoscimento dell’incentivo alla figlia, in un momento in cui si stava procedendo al licenziamento collettivo di centinaia di dipendenti.
Silvia Di Gioia è dunque accusata, assieme a suor Rita Cesa e Augusto Toscani di aver falsamente attestato nel verbale di conciliazione che il rapporto di lavoro si era risolto consensualmente e non per effetto delle dimissioni, al fine di ottenere 7.500 euro al netto di ogni ritenuta fiscale e a titolo di incentivo.
Papà Lello, invece, è accusato, in concorso con la figlia, Rizzi, Toscani e suor Rita, di aver dissipato le risorse dell’ente per favorire Silvia Di Gioia “nonostante – aggiunge il giudice - la profonda crisi economica della Casa Divina Provvidenza”.

Nessun commento:

Posta un commento