venerdì 9 dicembre 2016

Storia e leggende del Gargano Le leggende delle Tremiti.

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Nell’Iliade di Omero compaiono diversi episodi nei quali è protagonista Diomede, come quando l’Eroe ferisce la stessa Afrodite e lo stesso Marte (canto V) o come quando si scambia cavallerescamente le armi con il troiano Glauco, in passato suo ospite familiare, o come quando, insieme a Ulisse, compie un’incursione nel campo nemico per sorprendere i troiani nel sonno e farne strage (canto X).
Altre fonti lo indicano come autore del furto del Palladio, ancore insieme ad Ulisse al quale un analogo destino sembra accomunarlo anche durante il ritorno in patria dopo la fine della guerra. Da fonti post-Omeriche apprendiamo le sfortunate vicende che accompagnarono il mitico Re dell’Etolia, il quale, ritornato ad Argo e scoperta l’infedeltà della moglie Egialea, prese a navigare per i mari in cerca di una nuova patria.
Approdato sulle coste del Gargano, ebbe ospitalità dal Re Dauno, che gli accordò il permesso di fondare un suo piccolo regno del quale Diomede tracciò i confini con i massi che aveva portato con se dalla Tracia.
Alla fine, gli restarono alcune pietre ciclopiche, che con sdegno scagliò al largo della costa creando il minuscolo arcipelago delle isole Tremiti, che in origine furono per questo chiamate Diomedee. Ma Afrodite non aveva ancora soddisfatto il suo desiderio di vendetta nei confronti dell’uomo che aveva osato ferirla e aveva distrutto la sua amata Ilio. Così fece nascere una contesa, nel corso della quale Diomede fu ucciso dal Re Dauno che l’aveva ospitato e i suoi fedeli compagni furono trasformati in uccelli.
A tale proposito Diomede così si lamenta:
“ Ora si susseguono prodigi per un nuovo orribile comando.
I perduti compagni salgono con le ali verso i cieli e come uccelli volteggiano sulle acque.
Oh, tremendo supplizio dei miei cari!
Essi riempiono gli scogli delle loro voci lacrimose”
“Eppur dinansi in augelli conversi i miei compagni (oh miseranda lor pena!) van per l’aura e per gli scogli di lacrimosi accenti il cielo empiendo”.
“Ma ben dovevo, ahimè, fin da quel giorno temer per la mia sorte, quando folle colpii di un nume le celesti membra e a Venere la destra insanguinai”.
Anche Ovidio racconta l’antica e infelice sorte di Diomede e canta i suoi compagni tramutati in uccelli per l’ira di Venere:
“Parimenti un grido e il suono della voce si spegne. Le chiome scompaiono tra le piume. Il collo, il petto, il dorso sono coperti di piume; le braccia ricevono le penne più grandi e i gomiti scompaiono tra le ali leggere.
Gran parte occupa il piede palmato.
Le bocche irrigidiscono nella durezza cornea e si allungano in punta.
Ecco Mico, ecco Ida Nitteo con Re Tenoro, ecco Ava che l’osserva e mentre guardano assumono lo stesso aspetto. Il maggior numero della schiera vola e a colpi d’ala volteggia attorno ai remi dei naviganti”.
GLI UCCELLI DI DIOMEDE
Dal primo libro di Perìzoon (170 - 231 d.C.)
C’è una certa isola chiamata Diomedea ed essa è la dimora di molte Berte (uccelli marini dal becco sottile e ricurvo, dalle lunghe ali simili ai gabbiani, ancora oggi chiamate diomedee) si dice che queste non facciano del male agli stranieri, nè si avvicinino ad essi.
Se comunque uno straniero greco fa scalo nel porto è avvicinato da questi uccelli che, per una qualche legge divina, ad ali spiegate come fossero mani per dargli il benvenuto ed abbracciarlo.
E se i greci gli accarezzano, essi non volano via ma sostano e si fanno toccare; e se gli uomini si siedono questi uccelli si posano sul loro grembo come se fossero stati invitati ad un pasto.
Si dice che siano i compagni di Diomede che presero parte con lui alla guerra di Troia, sebbene la loro forma originaria fosse in seguito mutata in quella di uccelli, essi tuttavia conservano ancora la loro natura di greci e il loro amore per la Grecia.
TOPPA DEL CAINO
Sulla banchina dell'Isola di San Domino vi è un monticello denominato " Toppa del Caino", così chiamata secondo la leggenda perché, per futili motivi, vennero a diverbio due fratelli e nel furore della rissa, uno di essi uccise l'altro, facendolo precipitare in mare.
A ricordo di questo triste episodio, il monticello prese appunto tale nome ed una croce lignea stava a segnalare il fraticidio.
IL TESORO DEL DIAMANTE
Nell’estremità settentrionale dell’isola di San Domino troviamo “Punta del Diamante” , presso la quale, secondo una leggenda, sarebbe stato sepolto un favoloso tesoro contenente un diamante di inestimabile valore
LA LEGGENDA DELL’EREMITA
Una leggenda narra di un’eremita che, ritiratosi in preghiera e meditazione sull’isola di San Nicola, dopo diverse apparizioni della Madonna, trovò un tesoro e con quello fece costruire su i resti di una villa romana un piccolo santuario in onore della Vergine, che in breve divenne meta di pellegrinaggi.
All’inizio del secolo XI il Papa affidò ai Benedettini di Montecassino la cura del Santuario che l’Abate Alberigo fece ricostruire nel 1045
L’ESILIO DI GIULIA
Fino all’anno 1000 si conosce poco della storia di queste isole, se non che l’Imperatore Augusto vi fece relegare la nipote Giulia per i costumi di vita ritenuti troppo scandalosi.
Giulia andò sposa a 14 anni al cugino M.Claudio Marcello, che Augusto designava alla successione. Rimasta vedova una prima volta nel 23 a.C. sposò in seconde nozze l’anziano Vipsiano Agrippa, dal quale ebbe i seguenti figli: Caio e Lucio Cesare, entrambi adottati da Augusto ma morti in giovanissima età; Giulia Agrippina e Agrippa Postuma nata dopo la morte del padre. Morto Agrippa padre fu’ imposta come moglie Giulia a Tiberio, obbligandolo a ripudiare la moglie Vipsania.
Augusto in seguito alla condotta scandalosa della figlia Giulia la rilegò nell’isola di Ventotene. La figlia di Giulia, anch’essa di nome Giulia fu’rilegata nell’isola di Tremiti per gli stessi motivi scandalosi della madre, ove vi morì dopo vent’anni di relegazione nel tentativo di scappare insieme al suo carceriere.
La tomba scavata nella roccia, è nei pressi dell’ipogeo greco, nelle vicinanze della tomba di Diomede Re dell’Etolia a nord della vasca benedettina.
A CACCIA Dl TESORI
Sappi che la storia tramanda veri ritrovamenti di tesori, sotto la guida di semplici letture romanzesche.
Giunse una volta a Tremiti un vascello con a bordo una principessa morta durante il viaggio e si dice venisse seppellita con tutti i diamanti che indossava a cavalco della roccia della Punta nord-est di San Domino, pertanto detta Punta del Diamante e del quale fatto esiste una vestigia evidente: tale ritenuto un grave sopramasso a contorno precisamente delineato, visibile dal mare.
Qualcuno pure non dubitando dell'arrivo del vascello a Tremiti, ritiene che il luogo di seppellimento della principessa debbasi localizzare unicamente alla Punta della Stracciona di Caprara, il che però è messo in dubbio dalla denominazione stessa di Stracciona che non si addicerebbe per una principessa che indossa diamanti.
Tale avello, se pur vero, rimane ancora inesplorato, ma non difficile da esplorarsi essendo esattamente localizzato.
Re Giocacchino Murat, con la caduta di Napoleone, suo cognato, che determinò il ritorno a Napoli dei borbonici, fu costretto a rifugiarsi a Rodi Garganico, presso la villa del fedele Veneziani e si dice avesse fatto un salto a Tremiti per nascondere Il tesoro personale.
Non si è avuto poi alcuna notizia della sorte di questo tesoro.
Un confinato, nel tempo dell'espiazione della pena del confino fascista, trovò casualmente un grosso diamante in un grottone di San Nicola: nel medesimo esiste tuttora un cunicolo artificiale, molto ripido, strettissimo in cui l'eco del lancio di una pietra è risentita a distanza dì tempo e non risulta essere stato esplorato dai presenti per frana esistente nel basso.
Raccontasi pure che altro confinato ritrovasse uno scrigno di monete appena sollevato un pezzo di scalinata sottostante l'arco del Torrione del Cavaliere, oggi marina militare e che una volta libero, per paura di perquisizione, avesse trasportato in terraferma le monete in più volte, lasciando le rimanenti dove le aveva trovate fiducioso nella segretezza del giaciglio.
Il tesoro della tomba di Diomede, se non leggenda, fu ritrovato dall'eremita per indicazione della Madonna, col cui denaro procurò le prime fondamenta, ordinate a Costantinopoli, della mirabile Chiesa di Santa Maria a Mare.
Ma la tomba dl Giulia, nipote dì Augusto Imperatore romano, di cui è certo il confino e la morte a Tremiti e di cui si sa (ne riferisce Tacito negli Annali) che le spoglie non furono ammesse nel Mausoleo di Augusto, tomba comune della famiglia imperiale, non si conosce se effettivamente fu esplorata e scoperta degli oggetti di oro e preziosi che usavano indossare le caste nobili, pure nella miseria.
Circa il 1875 giunse a Tremiti un vascello francese portando con sè una mappa.
Subito questi assoldarono tremitesi per un certo scasso dl terreno ubicato presso la Vasca di S. Nicola, ai di là della tagliata. Dopo vari giorni, d'improvviso si vide Il vascello partire sul tramonto e quegli stessi tremitesi che avevano scavato, ritornatovi si accorsero con sorpresa che la buca era più profonda e appariva evidente, per il concorso di altri segni, il ritrovamento di quanto fossero venuto a cercare e cioè che avessero effettivamente trovato il tesoro indicato dalla mappa.
I pirati, accondiscenti i monaci, avevano creato una caverna con inizio, sulla sinistra, a breve avanzamento nella Grotta del Bue Marino, e che giungeva verso la sommità della Punta dell'Eremita.
Senz'altro essi si servivano del covo per scappare da inseguitori, i quali però se osavano inseguirli entro detto covo, con grave sorpresa vi trovavano la morte per il congegno predisposto dai pirati.
In detto covo, ben ampio da dove si accede dal mare, è bene immaginare, se pur sola fantasia, possano essere stati nascosti preziosi da parte del pirati che avevano tanta fiducia di salvezza di loro stessi e che avrebbero pure ritenuto luogo sicuro per la salvezza dei loro averi e tesori.
In una recente esplorazione, che dovè subito arrestarsi per frana che copriva l'intero passaggio, vennero rinvenuti resti umani.
Da scoglietti vicino alla Grotta del Bue Marino, sì nota uno stretto sentiero che sale al luogo, a picco sulla grotta, dove vi è una piccola buca, che è l'entrata ad altro nascondiglio di pirati, lungo centinaia di metri.
La Chiesa di S. Maria a Mare, per l'accertata mancanza all'origine di presbiterio e evidenza di semiarchi interrotti che ne dovevano racchiudere l'interno, al suo centro doveva avere la cripta con i tesori a devozione della Madonna, dove è ricordo dovesse accedersi da sotterraneo del chiostro piccolo.
Probabilmente la cripta con ogni ornamento sacro e preziosi donativi, esista ancora.
Moltissimi relitti sottomarini, particolarmente grosse anfore, hanno sicuro fondo nella Cala della Provvidenza e Vuccolo.
Alcune anfore sono state portate via da turisti, altre, però sono le meno facili da sollevare, attendono di essere portata alla luce.
Stalattiti meravigliosi, in caverne inesplorate, è possibile scoprire alla base e intorno all'attuale serbatoio metallico di S. Domino.
Fossili con minute conchigliette, apprezzabili per bellezza, è sicuramente possibile rinvenire tra le secche rocce sopra Punta del Diamante e Campeggio Internazionale.
Attorno al 1929 gli isolani rinvennero due orecchini d’oro, singolari: costituiti da due anfore in ognuna delle quali appariva il Polittico della Chiesa di Tremiti. Detto Polittico era chiaramente visibile nell'anfora superiore, mentre nell’anforetta inferiore appariva solo con l'aiuto di lente d'ingrandimento.
Si crede che i detti orecchini appartenessero ad una principessa araba, mandata a Tremiti ad espiare la pena per la colpa d'infedeltà.
La principessa, seppure di giorno libera, di notte invece era costretta dalla guardia a dimorare in una grotta di Caprara, dove per ordine del principe consorte, veniva se-viziata alla stessa ora della notte in cui venne sorpresa con l'amante: quegli attimi di godimento dovevano tramutarsi in strazi e attimi di pena, a rimorso e pentimento della colpa d'infedeltà.
Pare che fosse questa la principessa, ormai ridotta dalla schiavitù a stracciona, a venire seppellita, come si tramanda, nella Punta sud-ovest di Caprara dove ha preso la denominazione di Punta della Stracciona e che la grotta in cui veniva costretta a dimorare la notte per essere torturata, fosse quella stessa poi occupata dalla vedova ivi rifugiatasi per evitare la corte da parte di persona non accetta.
Potrebbe essere pur sorprendente l'esplorazione del passaggio segreto che inizia alla base del Castello, lateralmente al Torrione Angioino e porta quantomeno all'estremità nord-est di S. Nicola, e, quanto asserito da alcuno, congiungerebbesi alla Caprara attraverso il canale di mare.
Detto cunicolo era il luogo più sicuro per nascondere ogni sorta di donativi di oro, diamanti, preziosi, vettovaglie nell’eventualità di un assedio, ed il prezzo della collaborazione e servizi resi dai monaci agli amici pirati.
Il Castello mostra alla base rivolta alla terraferma segni di vestigia indicativi dì passaggio segreto a sinistra e sotto l'attuale ricetrasmettitore d'onda della teleselezione.
A S. Domino esistono buche inesplorate presso i cameroni e la via che conduce al Faro.
La Cala Tonda di S. Domino, dove il mare forma un laghetto, ha una grotta, invasa dalle acque, dove è possibile scorgere due mensole di ferro conficcate artificialmente, per il quale fatto si azzarda a ritenere la grotta come un nascondiglio marino.
Molte notizie sulla sorte di altri tesori non sono state tramandate per il fatto che ai frati successe gente nuova e forestiera.

fonte http://alfredodecclesia.blogspot.it/2014/06/storia-e-leggende-del-gargano-le.html?spref=fb

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lunedì 7 novembre 2016

LA MONTAGNA DEL SOLE!




di Gianni Lannes



In alto dalle parti della grotta di San Michele le pecore calavano in silenzio, la massa bianco sporco rotolava sul pendio, e pareva una slavina giù dal monte dell’angelo. A dicembre era caduta tanta neve, e in mezzo alla montagna del sole il gregge si trascinava verso la candida Mattinata per ripararsi dal freddo e dal vento insidioso. Gli animali rotolavano nel soffice tappeto farinoso che copriva tutte le valli, dal mare ruggente su fino alle colline più aspre. Cani, pastori, pelame lanoso nuotavano affamati verso valle; era una massa liquida e silente. Tutto lì taceva. Fu allora che un suono modulato si sentì fluire dalla terra. Era più di un richiamo pastorale lanciato con maestria da qualcuno; piuttosto, era una cosa antica e senza tempo, che risvegliava le persone, ed era ovunque e in nessun luogo. A udirlo nel silenzio più assoluto il gregge si fermò senza bisogno di un richiamo, e anche i cani ammutolirono e poi latrarono lanciando un eco risonante. Era la voce del luogo che tuonava, quella che avevano udito gli esseri viventi, un canto dimenticato nel silenzio transumante. Svegliato dal richiamo tra i pini d’Aleppo cantava il Gargano all’unisono sotto la neve del generale inverno.
  
Su questa terra sono approdato, isola nell’isola di pietra, alberi, pascoli, acque sotterranee. Nella mia sete di luoghi perduti mi basta per dire che lo sperone d’Italia ha una voce magnifica; e se qualcuno mi chiede che cosa ho visto in questa terra selvaggia, battuta dal maestrale e dallo scirocco, rispondo che mi chiedano piuttosto cosa ho sentito nel mio transumare. A chi domanda immagini a colori rispondo che l’udito è importante perché raggiunge l’anima profonda, e afferra l’indicibile. Così si rianima il concavo polmone della terra, che solo il vento sa far sibilare. Vecchio Gargano nonostante le ferite che ti hanno inferto negli ultimi tempi del disamore corrente, per tentare di strappare le tue radici ctonie, qualcuno ti ha ascoltato con amore, tra la gente e nelle lande più solitarie Microcosmi così, suonano da sempre in natura e fanno piangere di meraviglia. Il Gargano non è una cartolina turistica, né tantomeno una discarica industriale o bellica.


Viaggio e racconto in arabo antico risultano parole quasi identiche. E così la musica come il racconto discende da silenzi, meditazioni e solitudini: è figlia del cammino e di chilometri macinati con il passo del pastore. Nella mia esistenza di peregrinazioni ho sentito cantar la voce antica di Gaia, dal mar Glaciale Artico al mar Nero, su fino ai monti naviganti di Dalmazia. Nel Gargano Oriente e Occidente, da sempre, si incontrano e si fondono anche nella musica, soprattutto nella cultura e nella geologia. Che singolare combinazione, quando il mare è mezzo di comunicazione tra popoli lontani. Ho trovato le identiche melodie - oggi dimenticate dalle moltitudini distratte - risalenti a mezzo millennio fa, cantate proprio nei Balcani, in Veneto e nel Gargano.
Se frugo nella memoria risento spesso nel silenzio lo sciabordio degli scogli di Vieste. Riascolto in una gola quasi messicana lo scatarrare verso Sannicandro del treno che s’avvita sulla coppa dell’Ingarano. Come dimenticare i canti popolari del Venerdì Santo a Vico, in quell’idioma ruvido impastato di remota Illiria, o la musicalità della lingua peschiciana. 
Rivedo sempre il soffice planare delle dune verso Lesina e Varano. Una litania ininterrotta: Cagnano l’anarchica, Carpino terrigna, Ischitella patria della libertà civile di Giannone. Ad ovest scivola il profumo di buon legno a San Marco in Lamis inerpicandosi per la via francigena. E quando si approda a San Giovanni Rotondo le stimmate di padre Pio orientano il cammino, nonostante le speculazioni in gran voga. A Peschici la lingua è melodia che intona il Grecale nella voce delle anime autoctone. A Rodi sono le zagare a rapire l’olfatto del viaggiatore curioso. E ancora mi ricordo molto bene gli amici dell’infanzia, quando giocavamo agli archeologi, esplorando un mondo sconosciuto, poi quasi perduto. Penso alle emozioni senza fine, alle malinconie, ai visi, alle interminabili partite di pallone, al fluire della linfa vitale. Impossibile dimenticare le prime immersioni subacquee nel grande blu, a dieci primavere. A Manfredonia traversano e scorrono sulla tavolozza liquida i pescherecci che sbarcano quando la città è ancora addormentata verso l’alba, proprio così come quando ero bambino. Guardate, lì sul cucuzzolo di Rignano, dall’alto di strapiombi, proprio dirimpetto si affacciano i monti Dauni, dove fa tappa l’arcigna risalita d’Appennino.
La musica è taumaturgica e accomuna gli umani. Lo squillo che parte da questo cammino vorrei che suonasse la riscossa all’Italia, desse la sveglia ai partigiani assopiti negli anfratti del Belpaese, in ogni città, in borgo dimenticato dallo Stato (ormai nemico certificato), e soprattutto indicasse una strada a italiane e italiani.

riferimenti:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2016/11/la-montagna-del-sole.html#more

venerdì 21 ottobre 2016

SPIAGGE E CALETTE DEL GARGANO

spiagge gargano
Il Gargano racchiude alcune delle spiagge più belle della Puglia. Lo sperone d'Italia ospita infatti una costa di rara bellezza e proprio per questo non perdete l'esperienza di visitarla per intero attraverso le escursioni in barca che permettono di ammirare tutto il litorale da Isola del Varano a Mattinata facendo tappa nelle varie calette e grotte molto suggestive e da cui è possibile ammirare i famosi trabucchi, vecchie costruzioni da pesca oggi tutelate come patrimonio monumentale.
E' difficile scegliere tra le spiagge più belle del Gargano. Abbiamo selezionato per voi alcune delle località più significative calcolando anche che, a nostro parere, quelle più belle e dal mare più limpido si trovano da Peschici in giù.

1) Spiaggia di Ponente e di Levante - Rodi Garganico

Rodi Garganico troviamo la spiaggia di Ponente e la spiaggia di Levante. La spiaggia di Ponente si prolunga ad Ovest della città, fino al Lido del Sole. E' interrotta dalla foce del torrente Romandato. E' esposta ai venti del Nord ed è perfetta per gli amanti del surf. La spiaggia di Levante è formata da sabbia fine e dorata che digrada dolcemente nel mare. Il paesaggio circostante è caratterizzato da aranceti e limoneti - ricordati tra l'altro da D'Annunzio - con il loro profumo inebriante per i visitatori.
rodi garganico
fonte foto: hotelarancio.it

2) Spiaggia di Zaiana - Peschici

La spiaggia di Zaiana è incorniciata da svariate punte rocciose, che la rendono ideale per chi è alla ricerca di privacy e relax. Tra le scogliere troviamo dei veri e propri trampolini naturali, perfetti per chi ama i tuffi. Tenete conto che il pomeriggio la spiaggia rimane piuttosto in ombra e che resta sempre protetta dai venti meridionali per via della sua posizione. Si tratta di una località particolarmente suggestiva, con sabbia fine e dorata.
spiaggia di zaiana peschici
fonte foto: baiascirocco.it

3) Spiaggia di Manaccora - Peschici

Manaccora viene considerata una delle baie più belle di Peschici. Si tratta inoltre di una parte importante della storia del Gargano, per via della presenza di un sito archeologico che testimonia il sovrapporsi di civiltà sin dalla preistoria. Nelle vicinanze si trova il Grottone di Manaccora. Una parte della spiaggia è libera. La sabbia è fine e il mare è digradante.
spiaggia di manaccora peschici
fonte foto: gargano-vacanze.com

4) La spiaggia di Cala Lunga - Peschici

La spiaggia di Cala Lunga è delimitata da scogliere e pinete. Il litorale è ampio e la cala è formata da sabbia morbida, fine e dorata. Il paesaggio è incorniciato dai trabucchi e da una torre di avvistamento. Il mare è turchese, trasparente e cristallino. La spiaggia si trova a circa 7 chilometri da Peschici e 16 da Vieste, nelle vicinanze del Parco Nazionale del Gargano.
spiaggia di cala lunga peschici
fonte foto: quispiagge.it

5) La spiaggia di Porto Greco - Vieste

La spiaggia di Porto Greco è immersa nel verde della macchia mediterranea. L'accesso alla spiaggia avviene grazie ad un sentiero sterrato da percorrere a piedi. Nella vicinanze potrete visitare la Grotta dei Marmi e la Grotta delle Viole. La baia serviva ai marinai per trovare riparo dai venti meridionali e settentrionali. La spiaggia viene raggiunta dal Grecale, da cui probabilmente deriva il proprio nome.
spiaggia di porto greco vieste
fonte foto: tripadvisor.com

6) Spiaggia di Cala della Sanguinara - Vieste

La spiaggia di Cala della Sanguinara è considerata un vero e proprio gioiello. Si trova incastonata tra pini e conformazioni rocciose di origine carsica. In questa zona troviamo le pinete di pino d'Aleppo più estese d'Italia, che sono attraversate da un sentiero sterrato da percorrere per raggiungere la spiaggia. Altrimenti, potrete accedere a Cala della Sanguinara via mare.
sanguinara vieste
fonte foto: imgur.com

7) Spiaggia dei Colombi - Vieste

La spiaggia deve il proprio nome alla grande Grotta dei Colombi, che rende l'ambiente particolarmente suggestivo. La grotta offre alla spiaggia una protezione apprezzabile, che la rende adatta alle famiglie con bambini. Si tratta di una località racchiusa tra rocce e pini da non perdere per chi è alla ricerca di sabbia morbida e dorata e di acque turchesi e trasparenti.
spiaggia dei colombi vieste
fonte foto: clicktour.it

8) Baia delle Zagare - Mattinata

La spiaggia di Baia delle Zagare è costituita da soffice sabbia chiara ed è incastonata in un tratto di costa alta, tra insenature frastagliate e grotte marine considerate meravigliose. La caratterizzano i faraglioni a strapiombo sul mare e gli enormi scogli che emergono dall'acqua a poca distanza dalla riva. I colori del mare cristallina variano dal turchese allo smeraldo e i fondali sono morbidi e sabbiosi.
baia delle zagare
fonte foto: ilgargano.com

9) La spiaggia di Mattinatella - Mattinata

La spiaggia di Mattinatella, o Fontana delle Rose, è formata da due spiagge divise da uno sperone di roccia. L'azzurro del mare crea un contrasto suggestivo con il candore delle falesie e con il verde della vegetazione mediterranea. La spiaggia più a Nord non può essere raggiunta da terra e risulta incontaminata. Mattinatella è un vero e proprio paradiso per chi ama il silenzio, il relax e le escursioni subacquee.
mattinatella
fonte foto: gargano.net

10) Baia dei Mergoli - Mattinata

La spiaggia di Baia dei Mergoli è un piccolo paradiso caratterizzato dalla presenza di una bellissima falesia bianca a picco sul mare. E' considerata una località dal non perdere per chi vuole trascorrere una vacanza al mare sul Gargano. La sabbia è bianca, il mare turchese e la spiaggia è circondata da una vegetazione lussureggiante, formata da ulivi, pini e querce.
spiaggia baia mergoli mattinata
fonte foto: imperatoreblog.it
Questa è la nostra personale selezione, poi ovviamente ognuno trova il suo piccolo paradiso. Dunque per scoprire tutte le spiagge del Gargano potete scaricare la guida fornita dalla Provincia di Foggia clicca qui.
Marta Albè
fonte https://www.greenme.it/spiagge/12901-gargano-spiagge-piu-belle

A Lino Banfi: dica mille parole sulle trivelle in Puglia





Caro Lino Banfi,

Sono appena tornata a casa, dopo il lavoro, dopo la palestra, e dopo un altro dibattito non proprio esaltante di questa deprimente saga Clinton-Trump. Vorrei solo mettermi a letto e leggere un libro, imparare una cosa nuova, pensare a cose belle, costruttive.

E invece sono qui che le scrivo, perche' non posso fare niente altro, anche se so che possibilita' che lei legga quel che scrivo sono molto basse.

Non sono nessuno, lo so. Ma qualcuno deve pur parlare.  Sono stanca. Di una stanchezza antica, che nasce da quando piu di nove anni fa mi dissero che l'ENI voleva trivellare l'Abruzzo. Sono quasi dieci anni, sa?

Leggo le sue parole su Manfredonia, sulla costruzione di un impianto GPL  nella cittadina pugliese, e della sua *libera* scelta di fare pubblicita' per la ditta Energas coinvolta in questo impianto.

E' Manfredonia ed e' Lino Banfi, ma avrebbe potuto essere Jovanotti e l'ENI, Papaleo e la Basilicata, o Benigni e la costituzione italiana. Non sono importanti i dettagli. Sono importanti i protagonisti e le circostanze. Perche' e' sempre lo stesso il concetto: gente con potere, con immagine, che potrebbe fare del bene e che invece in qualche modo supporta lo status quo perche' il proprio orto e' piu importante che il giardino della nazione. 

Dice Banfi sul tema dell'impianto a gas:

Su questo argomento non ho un'opinione precisa perché non me ne intendo. È pericoloso, è sicuro? Non lo so. Credo che come me la maggioranza dei cittadini non sappia esattamente quali sono i termini della questione ma capisco che quando ti dicono 'distrugge l'ambientè ci rimani male, ti spaventi. 


In ogni caso col referendum di Manfredonia non c'entro nulla. Comunque penso che sia un bene che ci sia, così i cittadini di Manfredonia potranno esprimersi e decidere. Io faccio l'attore. Più di un anno fa ho firmato un contratto con Energas per quegli spot. Li ho girati 8 mesi fa. Poteva essere Eni, Q8, Esso o chi volete voi: per me è lavoro, il mio lavoro. 

Però nessuno può mettere in discussione l'amore che ho per la mia Puglia e anche per Manfredonia (famosa oltretutto per il pesce freschissimo). Vi prego - conclude - non mi tirate dentro una polemica politica che non mi riguarda affatto. Grazie. Una parola è troppa e due sono poche

Che tristezza leggere queste parole.

In Italia nessuno c'entra mai nulla con niente.  

Posso dirlo? A me nessuno ha mai chiesto di fare pubblicita', ma quando mi dissero che arrivava l'ENI in Abruzzo a differenza di lei non mi sono detta "io con le trivelle di Ortona non c'entro nulla"
 "io con le trivelle di Ombrina non c'entro nulla".  

Mi sono messa li a voler *capire* e a fare la mia parte.

E ci sono voluta entrare perche' la res publica e' di tutti, anche mia e anche sua, a prescindere da dove viviamo e cosa facciamo per vivere.

Nel mio caso vivevo in California, eppure non mi e' mai passato per l'anticamera del cervello di dire che la "polemica" sul petrolio non mi riguardava o che "non ho un opinone precisa".

Ci ho perso del tempo e me la sono fatta questa opinione. 

Perche' l'ambiente, il territorio, 'Abruzzo, la Puglia, l'Italia non sono concetti astratti che *qualcuno* difendera'. Sono concetti reali che tocca a noi tutti difendere.

E chi piu potere ha, di qualsiasi genere, piu'responsabilita' ha. 

E lei?   

Lei non e' la massaia di Manfredonia. Lei e' una persona famosa. E in quanto tale ha un *dovere* etico, morale, civile, io credo, di usare quel che si e' in modo costruttivo. 

Se lei dice una parola per difendere Manfredonia, la Puglia, o qualsiasi altro angolo d'Italia, il tutto rimbalzerebbe sulle cronache nazionali in un batter d'occhio. Proprio come e' successo adesso. Solo che adesso invece che finire sulle stampa per cose costruttive, lei ci e' finito per critiche piu o meno inutili. 

Che significa "Io faccio l'attore"? 

Chi deve cambiare l'Italia? Chi deve proteggere l'ambiente? Chi deve dare l'esempio? 

Perche' queste cose sono cosi lampanti ai miei occhi, e la maggior parte degli italiani famosi non riesce a capirlo?

Anche io potevo dire: io faccio il professore universitario negli USA e chi si e' visto si e' visto. Il petorlio non era il mio lavoro. Eppure ho dato quello che potevo perche' era giusto cosi.

E lei?

*Prima* di sottoscrivere pubblicita' non le e' venuto in mente di voler studiare esattamente cosa questa ditta faceva?

Chi c'era dietro? 

Ma poi, caro Lino Banfi, quanti miliardi deve accumulare uno ad 80 anni?

Quanti miliardi le servono ancora?  Possibile che uno ad 80 anni non si renda conto che forse e' meglio lasciare *altre* eredita'?  Non materiali, ma civiche? 

Ed ecco qui una occasione per lei: perche' non fa lo spot contro le trivelle in Puglia che lo scellerato governo di Renzi continua ad approvare?

Sono anni e anni -- appunto almeno nove per quello che mi riguarda -- che se ne parla, e credo che le argomentazioni sono diffuse a sufficenza sulla stampa nazionale e regionale che tutti a questo punto possano avere una idea.

E anche se non ce l'ha, ci si metta, indaghi, si faccia consigliare, e vedra' che queste Renzi-trivelle non porteranno niente di buono alla Puglia che lei dice di tanto amare.

E quindi, ecco per lei l'occasione di agire. Dica qualcosa sulle trivelle in Puglia. Lasci questa eredita' qui.  Difenda il suo mare. Dica una, due, mille parole sul mare di Puglia.

Rileggo quello che lei scrive.

Cosa significa che lei ama la Puglia? La ama a parole o nei fatti? Perche' l'amore si mostra con cio che si fa, e non a chiacchere. L'amore ci spinge a muovere le cose, a cambiare quello che c'e' di storto e a metterci in gioco per difendere o migliorare quello che amiamo. A parole siamo tutti bravi.

A che serve avere della notorieta' senno'?

Ma poi, non pretendo che lei capisca. Dopotutto l'Italia e' quasi fondata sul concetto che la res publica non e' di nessuno, che basta che uno pensi al proprio tornaconto, e al resto che ci pensi qualcun altro. E lei e' figlio di quella cultura.

Vorrei tanto invece che invece i giovani che arrivano alla vita civica adesso, capiscano che c'e' un altro modo di viverlo questo vivere civico che non sia fondato sul"io non c'entro niente" quanto sul "io voglio fare la mia parte per rendere questa nazione migliore, per quanto piccola".

Ricorda le parole di Kennedy?

Ask not what your country can do for you, ask what you can do for your country.

In questi tempi, in cui l'ambiente viene massacrato a destra e a manca, caro Lino Banfi, una parola e' poca, due pure, e mille pure.

Ci vorrebbero le trombe dai tetti a dire: salviamo quel poco che ci resta da salvare -- in Italia e nel resto del pianeta.
fonte http://dorsogna.blogspot.it/2016/10/a-lino-banfi-dica-mille-parole-sulle.html